L’AMPLIFICAZIONE DEI SUONI
Pre introduzione alla seconda Parte
Entriamo, finalmente, nella parte più tecnica dell’intera Teoria, forse quella più attesa da chi ha iniziato a leggere i precedenti Capitoli al fine di aumentare il proprio bagaglio culturale dal punto di vista strettamente tecnico. Introdurremo concetti tecnici, cercando peraltro di rispettare rigidamente l’intera struttura dell’indice, gradualmente, a piccoli passi, senza alcuna fretta di arrivare subito alle conclusioni, e senza lasciare nulla per scontato. L’ausilio che chiederò “all’onnipresente” ed “infaticabile” Alessandro Coppi sarà prezioso ed aiuterà tutti noi a capire gli schemi progettuali delle sue creature e anche qualcosa di più…
L’amplificazione. Gli apparati tecnici, deputati alla corretta riproduzione dei supporti audio, sono sempre costituiti da tre elementi fondamentali: il lettore, l’amplificatore ed il diffusore. Il segnale che viene fornito in output dal lettore, infatti, non è sufficientemente ampio per poter essere direttamente connesso ai diffusori, per quanto efficienti li si voglia immaginare. Anche il segnale che spesso vediamo essere preso direttamente dai lettori, digitali o analogici che siano, per essere collegato alle cuffie, in realtà viene sempre precedentemente amplificato da un piccolo stadio posto all’interno di tali lettori e, quest’ultimo (il piccolo amplificatore), conferisce sempre al segnale proprietà che prima non aveva: il segnale amplificato, dunque, non è mai perfettamente simile a quello originario e, cosa ancor più grave, quasi sempre muta le proprie caratteristiche al mutare della grandezza con la quale lo si amplifica. Questa affermazione, come potete facilmente intuire, implica conseguenze dirompenti che avremo modo di esaminare tecnicamente nel prosieguo.Brevi cenni storici.
Il primo amplificatore elettrico venne ideato, nel 1835, da Joseph Henry e successivamente impiegato da S. Morse (chissà se questi nomi Vi ricordano qualcosa) nella trasmissione dei segnali telegrafici: questo sistema, noto come relè elettromagnetico, rese possibile il primo collegamento telegrafico a lunga distanza, avvenuto nel 1844, tra le città americane di Baltimora e Washington. Attraverso una bobina, che accoglieva il segnale di ingresso, si chiudeva un circuito collegato ad una tensione molto più elevata realizzando l’accrescimento del piccolo impulso iniziale. Oggigiorno i relè sono ancora utilizzati, anche se sono più efficacemente sostituiti da altri dispositivi elettronici, che realizzano le stesse funzioni senza movimenti meccanici.
La gran parte delle apparecchiature elettroniche che ci circondano impiegano ed utilizzano amplificatori. Nelle comuni radioline il segnale presente sull’antenna (parliamo di micro Watt) viene amplificato di alcuni Watt, per essere inviato efficacemente ai piccoli diffusori acustici. L’ingrandimento del segnale è sempre realizzato, però, a scapito (se mi si concede il termine) di una fonte di energia: niente si crea e niente si distrugge, ma tutto si trasforma, ricordate gli elementi di Fisica?
E’ bene soffermarci ora un attimino su questa prima affermazione, senza correre o affrettarci troppo, per introdurre alcune fondamentali riflessioni che svilupperemo man mano nei successivi capitoli, integrando ed approfondendo gli argomenti ad ogni passaggio.
L’affermazione “il segnale iniziale viene amplificato a scapito di una
fonte di energia” merita un’analisi più approfondita. Introduciamo, così,
il concetto di “qualità dell’energia” che viene fornita all’apparato di
amplificazione: ecco l’importanza dei trasformatori di alimentazione che da
soli determinano il 50% (e più) della qualità sonora di un amplificatore. Se
in alcuni momenti particolarmente impegnativi viene richiesta una determinata
quantità di corrente e questa non arriva, o arriva “sporca”, anche il
segnale finale ne sarà negativamente influenzato.
Per cercare di immaginare quello che avviene all’interno di un amplificatore, suggerirei di pensare ad una grossa fontana luminosa, di quelle utilizzate per dar vita agli spettacoli dei giochi d’acqua. Man mano che si aprono, a comando, i vari rubinetti, la pompa idraulica, presente all’interno della fontana, aumenterà la pressione per aumentare o ridurre l’intensità del gettito, in modo da realizzare veri e propri “spruzzi danzanti”. Nel nostro esempio ideale aggiungiamo la condizione che l’acqua utilizzata viene attinta da un pozzo non proprio privo di infiltrazioni melmose. Risultato: se non adeguatamente filtrata l’acqua che uscirà dalla fontana risulterà sporca e maleodorante e, se non abbastanza potente, la pompa idraulica non sarà in grado di realizzare lo spettacolo appieno, entrando in crisi quando verranno aperti tutti i rubinetti.
Risultato: la fontana, nel momento di massimo fervore si affloscerà. La stessa cosa accade all’interno di un amplificatore quando il trasformatore di alimentazione non è più in grado di assicurare la quantità e la qualità di corrente elettrica necessaria per elevare il segnale di ingresso a determinati volumi in relazione anche all’impedenza dei diffusori collegati.
Il filtro dell’acqua necessario per assicurare che questa sia sempre nitida e pulita lo potremo, invece, paragonare allo Stabilizzatore di Tensione, apparecchio molto utile anche se scarsamente utilizzato perfino tra gli appassionati. La corrente alternata, presente nelle prese delle nostre abitazioni, è, infatti, dichiarata a 220 V, ma questo è un puro valore di riferimento: normalmente essa oscilla da 0 a 310 V, spesso raggiunge valori massimi anche più elevati. Questa affermazione è stata negativamente da me sperimentata anni fa, quando, accendendo il mio amatissimo Audio Innovation Series, 700 vidi una piccola fumata bianca uscire dal cabinet, seguita da un forte odore di bruciato. Con mia enorme sorpresa mi accorsi che non era stato eletto nessun nuovo Pontefice, era solo andato in fumo l’avvolgimento primario del T.A., a causa di uno sbalzo di tensione nella rete alternata. Tutto questo bel racconto per dire che la qualità della corrente che utilizziamo, per alimentare le nostre apparecchiature, è scarsa, e che è sempre buona regola dotarsi di uno stabilizzatore di tensione che aumenta notevolmente la vita di tutte le apparecchiature elettroniche di uso domestico, hi-fi compreso.
La corrente elettrica: alternata e continua.Abbiamo appena toccato un concetto, quello di corrente alternata, e non possiamo prescindere dal dare, sin da subito, alcune fondamentali nozioni per evidenziare ancor di più l’importanza dello stabilizzatore di tensione.
Fisicamente la corrente elettrica è un movimento di elettroni che saltano da un atomo all’altro generando un flusso. Potremo immaginare gli elettroni come “omini” vestiti di bianco che, in presenza di certe condizioni (differenziale di potenziale) iniziano a spostarsi, prendendo in successione gli uni il posto degli altri e così via all’infinito. Non ci addentreremo, adesso, nella fisica di base. Eviteremo di introdurre concetti come “lacune”, “atomi”, “protoni” ecc., limitandoci a considerare la corrente elettrica che scorre nei fili, come flusso di acqua che scorre all’interno di tubi. Così facendo risulterà più semplice capire che nelle comuni prese di corrente domestiche non scorre alcuna corrente. Le prese sono rubinetti chiusi, se non vengono aperti non generano alcuna corrente: in essi c’è soltanto pressione. In termini elettrici tutto ciò si traduce in una parola: “tensione”.
La tensione è quella forza che spinge gli elettroni a correre, essa si misura in Volt. Quando inseriamo una spina, ad esempio quella di una lampada da tavolo, chiudiamo un circuito, apriamo, cioè, il rubinetto consentendo alla corrente di generarsi. Essa inizia a fluire, passando all’interno del primo filo, surriscaldando il filo di tungsteno della lampadina e rientrando nell’altro foro della presa.
In questo banalissimo esempio, non vi ho detto, però, qual è il foro della presa dal quale esce corrente e quale quello nel quale entra. Perché? La risposta è semplice. Quando parliamo di corrente alternata, parliamo di corrente che scorre per un istante da destra verso sinistra, e per il successivo istante da sinistra verso destra e così via alternando freneticamente verso di scorrimento praticamente senza fine.
Per dare qualche dato tecnico la corrente alternata che usiamo in casa, cambia verso di scorrimento circa 50 volte al secondo: scorre per un centesimo di secondo in un verso e per l’altro centesimo nel verso opposto. Prima di cambiare verso però rallenta la sua corsa, si ferma, e ricomincia ad accelerare nell'altro verso, fino a raggiungere il suo valore massimo opposto, che è all’incirca di 310 V, si ferma, inverte senso di marcia e così via.
Tutto ciò avviene in modo così veloce che il filamento di tungsteno, presente nella lampadina, non fa in tempo a raffreddarsi, per cui il nostro occhio non percepisce abbassamenti di luminosità, tranne quando, qualche volta riusciamo a notare una minore intensità luminosa (di solito dura attimi). Perché? Perché la tensione non è stata mantenuta a 220 V di valore medio, cioè la corrente non ha raggiunto i suoi valori massimi, per alcuni cicli consecutivi, consentendo al filo di tungsteno di raffreddarsi e al nostro occhio di percepire la diminuzione di intensità luminosa. Si è verificato, in altre parole, uno sbalzo di tensione.
Riepilogando: il valore di tensione massimo che la corrente raggiunge in ogni ciclo è di 310 volt, il valore minimo è zero, tranne quando per spiacevoli inconvenienti supera questo valore massimo, minacciando l’esistenza dei trasformatori delle diverse apparecchiature elettroniche. Lo stabilizzatore di tensione evita tale spiacevole fenomeno, fornendo alle apparecchiature elettriche tensione sempre a valori costanti.
Qualcuno si sarà chiesto se la corrente è sempre alternata. No, esiste anche la corrente continua, poiché per alcune applicazioni, e l’hi-fi è una di queste, è necessaria corrente continua. Essa è, invece, quella corrente che scorre sempre in un verso. Quindi avremo un polo positivo ed uno negativo. La corrente continua scorre, convenzionalmente, dal polo positivo al polo negativo. Potremo adesso, se qualcuno ne avesse voglia, spiegare il perché di quel “convenzionalmente”, ma non lo faremo visto che ci stiamo allontanando un po’ troppo dal nostro argomento principale, quindi torniamo a parlare dell’amplificazione dei suoni, rimandando, per gli interessati, la possibilità di tornare sull’argomento. L’amplificazione dei segnali, in senso stretto, viene realizzata da tre componenti attivi. Essi sono:- la valvola termoionica;
- il transistor;
- il fet (jfet e mosfet);
un amplificatore si compone, è ovvio, di tanti altri elementi che svolgono
diverse funzioni che definiremo elementi passivi, essendo il cuore dell’amplificazione,
cioè, l’accrescimento vero e proprio del segnale, rappresentato da questi tre
componenti. Essi possono essere variamente combinati tra loro in una o più
sezioni, in uno o più stadi, in diverse configurazioni, ma fondamentalmente
rimangono sempre gli stessi. Ora non bisogna cadere nell’errore di
semplificare la questione, poiché è doveroso premettere che quel
fondamentalmente è abbastanza ampio. Iniziamo, allora, ad esaminare i
componenti attivi nel dettaglio, iniziando proprio dalla valvola termoionica.
Roberto De Laurentiis - email: Klf20@virgilio.it