“…….io ho le idee chiare, ho messo da parte una discreta somma e vorrei acquistare impiantino Hi-Fi di buona qualità, non robetta commerciale, qualcosa di buono che sia veramente professionale!”
Potremmo adesso analizzare pezzo, pezzo questa frase, scomporla in un’approfondita analisi, aprire una panoramica su cosa potrebbe essere definita “robetta commerciale” e cosa no, dilungandoci oltremodo sui più variegati argomenti collegabili alla discussione, perdendoci infine nei meandri tortuosi della più oscura filosofia audiofila….
Ripiegheremo, invece, su una breve sintesi dei concetti di Alta Fedeltà, di Impianto Hi-Fi e di Impianto Professionale cercando di evidenziare quali siano i punti sui quali si genera più confusione e del perché tale confusione nasca.
Abbiamo già chiarito che “compito principe”, cui un buon Impianto Hi-Fi deve assolvere, è la corretta riproduzione dei suoni così come essi si presentano in “natura”. E abbiamo già chiarito cosa debba intendersi per “suono naturale”, vale a dire la voce umana, il cinguettio degli uccelli, ma anche il suono di uno strumento musicale, così come lo si può comunemente ascoltare in un ambiente dotato delle caratteristiche illustrate nel precedente Capitolo: in sintesi in un ambiente che, con le sue caratteristiche, non aggiunga rifrazioni, riverberi e quant’altro.
Un impianto “professionale” è, invece, un insieme di apparecchiature elettroniche che hanno, come fine ultimo, quello di assicurare lo svolgimento di una ben determinata professione, che può anche prescindere, anzi quasi sempre lo fa, da quella che è la corretta riproduzione dei suoni!
Se l’esigenza è ad esempio quella di amplificare la voce di un oratore durante un comizio politico che si svolgerà all’aperto, occorrerà un certo Apparato di Amplificazione (amplificatore, diffusori, microfoni ecc.) che abbia caratteristiche di elevata potenza ed enfatizzazione della gamma delle medie e medio-alte frequenze. A nulla rileverà il fatto che, magari, in assenza di segnale sul microfono, ci sia un fruscio di fondo o che la risposta in frequenza sia tagliata oltre i 10.000 Hz o al di sotto dei 400 Hz. Le stesse caratteristiche costruttive di tali apparecchiature saranno orientate verso una straordinaria robustezza ad iniziare dai cavi di collegamento e a finire agli involucri metallici delle stesse. Ancora, l’esigenza di amplificare un concerto Rock porta con sé quella di superare il muro umano costituito dalle persone che assisteranno all’evento e di dare un certo effetto esplosivo ai suoni riprodotti, quindi in questo caso alta potenza e soprattutto altissima dinamica.
Un caso a parte è rappresentato dalle discoteche che, anche avendo esigenze del tutto particolari, potrebbero, almeno a parere di chi scrive, curare un po’ di più la qualità delle onde sonore che diffondono, anche se nessuno si sognerebbe mai di ascoltare, e sottolineo ascoltare, qualcosa che si avvicini anche lontanamente al concetto di Hi-Fi all’interno di una discoteca.
L’esigenza degli attuali “santuari del divertimento” è sicuramente quello di “sballare”, confondere, inebriare e sbalordire (almeno in prima battuta con la musica, poi segue il resto) e devo dire che sicuramente i criteri, che ispirano la scelta di questi Impianti Professionali, realizzano l’obiettivo. D’altronde se è questo che la gente vuole, noi democraticamente rispettiamo….
Tornando adesso al concetto di “Impianto Professionale” e riagganciandoci all’esempio di quello creato proprio per l’amplificazione di concerti Rock o per l’amplificazione dei vari strumenti musicali (chitarre elettriche, bassi elettrici, chitarre acustiche, tastiere ecc.) aggiungiamo che spesso i ragazzi, ma non solo i ragazzi, appassionati di quei determinati gruppi e gruppettini, si recano ai concerti “live”, vengono travolti dall’impatto sonoro decisamente esplosivo e parametrizzano successivamente le sensazioni ricevute pretendendo, poi, di riprodurle in macchina o nel proprio ambiente domestico attraverso quello che definiscono un buon impianto Hi-Fi.
Adesso senza voler troppo calcare la mano sui nostri ragazzi che non sono, tra l’altro, gli unici a cadere nell’errore, è doveroso chiedersi quanta della musica comunemente ascoltata proviene da strumenti naturali, ovviamente registrati (violini, chitarra classica, pianoforte, voce umana) e quanta proviene, invece, da strumenti che vengono alla fonte amplificati ricorrendo ad apparecchiature elettroniche che hanno ben precise caratteristiche intrinseche.
La stessa voce viene registrata su c.d. già amplificata, e nella maggior parte dei casi, “provato per credere”, viene aggiustata, migliorata ad hoc da sapienti mani e da potenti apparecchiature che filtrano, allungano, modificano suoni spesso “rauchi” e tanto, tanto di più. La voce dei vari cantautori o cantanti italiani e stranieri è, per così dire, già alterata “alla radice”. A tutto ciò si aggiunge, inoltre, il fatto che nell’ambito della musica leggera, che va dal Rock al Metal, con qualche eccezione nel Jazz, nessuno degli strumenti utilizzati emette un proprio suono: si tratta nella maggior parte dei casi di strumenti elettrici che suonano esclusivamente grazie al pesante contributo di amplificatori e diffusori (questi sì) professionali.
Una distinzione fondamentale deve essere fatta, quindi, come avrete certamente già intuito, tra gli strumenti che vengono amplificati esclusivamente per aumentarne il Volume sonoro e quelli che non emettono suoni senza il contributo di apparecchiature elettroniche. La voce di un determinato cantante ha un suo ben determinato timbro, una sua musicalità naturale. Se durante un concerto questa viene correttamente amplificata, si otterrà un suono del tutto simile (anche se mai lo stesso) a quello “naturale” aumentato nella sola potenza. Stessa cosa dicasi per un violino, un contrabbasso o una batteria. Se, invece, ascoltiamo una chitarra elettrica questa produrrà un suono diverso a seconda dei microfoni interni, del “pre-amp” presente sulla stessa, dell’amplificatore finale utilizzato e, non da ultimo, del diffusore impiegato.
Pretendere a questo punto di riprodurre in casa un suono simile a quello che fuoriesce dall’amplificatore di una chitarra elettrica attraverso un impianto Hi-Fi, nato per sua stessa definizione per tutt’altre esigenze, è semplicemente folle. Tutte le apparecchiature utilizzate per amplificare gli strumenti elettrici dal vivo sono realizzate con peculiari caratteristiche intrinseche (so di ripetermi ma…… “repetita iuvant”) che, nel distinguerli per categoria (gli amplificatori per chitarra elettrica, ad esempio, sono nella maggior parte dei casi realizzati a valvole, poichè la distorsione delle valvole è gradevole e spessissimo, come ben sa chi suona la chitarra elettrica, si ricorre in tale strumento all’effetto “distorsione” (J. Hendrix-Deep Purple ecc,ecc.)) li differenziano anche fra di loro: un amplificatore Marshall suona sicuramente diversamente rispetto ad uno Yamaha.
Un impianto Hi-Fi nasce, invece, o meglio dovrebbe nascere (il condizionale è d’obbligo vista la confusione che c’è sull’argomento) con l’intento di riprodurre fedelmente il suono di uno strumento che suona in un neutrale ambiente di ascolto. E arriviamo così alle conclusioni:
Ancora una volta, quindi, e per le ragioni suesposte, il parametro di riferimento da utilizzare, per sancire la qualità di un buon impianto Hi-Fi, è rappresentato dall’utilizzo di ottime incisioni di strumenti classici e, nel genere, dalla Musica Classica, Lirica o al limite dal Jazz Classico. Un buon impianto Hi-Fi eccelle solo nel riprodurre con naturalezza, equilibrio e quella giusta dose di dinamica tali fonti sonore.
L’attuale panorama musicale è, di fatto, inquinato da sorgenti musicali costruite in Studi di Registrazione, al computer che sono estremamente artefatte (pensate al concetto di batteria elettronica o tastiere elettroniche che suonano semplicemente selezionando una funzione come fisarmoniche, violini e altro) o fonti musicali ascoltate o registrate “Live” provenienti da strumenti privi di una propria “personalità” che modificano il loro output in base alle Apparecchiature Professionali impiegate per amplificarli. I suoni così registrati finiscono in pasto ai Lettori Cd di casa e agli Impianti Hi-Fi che dovrebbero riprodurli, con un risultato che è profondamente difforme dalla già discutibile “incisione di base”.
L’effetto ottenuto può anche essere accettabile, ma non ha niente a che vedere con l’obiettivo finale Hi-Fi dell’Alta Fedeltà, letteralmente traducibile come riproduzione fedele della realtà.
L’unico modo per riprodurre fedelmente il suono di una Rock Band, dove per Rock Band si intende anche un tranquillissimo cantautore come Gigi D’Alessio, è quello di dotarsi delle stesse apparecchiature professionali usate dalla stessa. Il suono sarà oltre modo dinamico, sporco, affaticante e tutto quello che volete, ma perfettamente fedele a quello sporco e affaticante così come è stato all'origine registrato.
Lascio adesso a Voi le riflessioni del caso, rivolgendo di nuovo all’amico Alessandro qualche domanda circa le principali caratteristiche del Progetto Celeste le cui caratteristiche di elevata dinamica e assoluta trasparenza potrebbero rappresentare un giusto compromesso per le esigenze di tutti coloro che, pur rimanendo in ambito Hi-Fi, non vogliono rinunciare alle “sensazioni rockettare” (non ho mai negato che esse esistano o che siano del tutto da rifiutare), ma non solo “rockettare” dell’effetto “live”.
Nello specifico gli chiederei di illustrare quali sono le principali caratteristiche tecniche del suo progetto e perché ha deciso di sviluppare una tale scelta progettuale che, per le altissime qualità dimostrate è sicuramente, oserei dire, una delle più “intriganti” ed “affascinanti” realizzazioni presenti sul sito.
In attesa della risposta cordialmente vi saluto.
Roberto
----------------------------------------------------------------------------------------------
Ringrazio ancora l'amico Roberto per questo prezioso IV capitolo della sua opera, che sono sempre più sicuro, diverrà un riferimento per tutti coloro che avranno l'opportunità di leggerla.
Parlando su come è nato il progetto di Celeste, voglio iniziare dal perchè del suo nome piuttosto strano: l'ho scelto perchè, avendo chiamato la prima realizzazione Profane, la cui traduzione dall'inglese, mi sono accorto tardi che suona come profano inteso in contrapposizione a sacro, piuttosto che come pensavo "profano in materia",volevo riportare almeno in fatto di nomi una sorta di par condicio tra Sacro e profano scegliendo un nome che ricordasse le cose "Celesti".
Il progetto vero e proprio, come al solito non è nato tanto al tavolino, ma
piuttosto al banco da lavoro, ( o per essere più precisi sul pavimento, perchè
i prototipi li assemblo direttamente sul pavimento vicino ai diffusori per fare
facilmente frequentissime prove).
L'idea di base che ha dato l'impulso per l'avvio dei lavori è stata la voglia
di provare una configurazione simil-valvolare, nella geometria dello stadio
finale, infatti se si osserva la configurazione dei due transistor finali si
può notare come questa sia perlomeno anticonvenzionale (se qualcuno conosce uno
schema con una configurazione simile mi farebbe piacere se me lo indicasse),
l'uscita è prelevata dai collettori, a differenza della quasi generalità degli
stadi finali push pull nei quali l'uscita è prelevata dagli emittori.
Il pilotaggio è completamente in corrente, bastano infatti circa 100 mV (
escludendo la tensione di circa 0.6 V di polarizzazione fissa in CC ) per
ottenere l'intera dinamica, dall'interdizione alla completa conduzione, questa
tensione è associata però ad una corrente importante, di diverse centinaia di
milliamper, per ottenere un segnale con tali caratteristiche sono risultate
perfette le valvole, accoppiate ad un trasformatore di uscita un po'
particolare, ovvero con un rapporto di trasformazione altissimo, così alto che
quando lo progettai, pur sapendo che il rapporto di trasformazione doveva essere
molto alto, lo feci realizzare con troppe spire sul secondario, ottenendo un
risultato discreto, ma non del tutto soddisfacente, dopo aver provato vari
interventi per cercare di ottenere il massimo, smontai i trasformatori di
interstadio, ed iniziai a togliere spire dal secondario, che ricordo erano
previste circa trenta, via via che diminuivano il suono migliorava, fino a
trovare il miglior punto di lavoro con sole 10 spire, se si considera che il
primario è composto da 3000+3000 spire, il rapporto di trasformazione è
stratosferico, ed il rapporto di impedenze è uguale al suo quadrato!!! (per la
cronaca 360.000 : 1) un generatore di corrente ideale, capace di fornire
molte molte amper, quindi un componente perfetto per pilotare in corrente
i finali, questo componente ha reso possibile facilmente anche il riferimento
delle basi alla tensione di ogni emittore, pur trovandosi questi tra loro a
tensioni molto diverse, grazie all'isolamento dei due avvolgimenti secondari
(uno per ogni ramo).
Grazie alla disponibilità di transistor complementari, si è potuto
accoppiare direttamente il carico allo stadio finale, su di uno schema che
ricorda molto da vicino uno stadio di uscita di tipo valvolare con trasformatore
di uscita (si veda il ramo NPN).
Per concludere un accenno a quello che è lo stadio di polarizzazione,la
tensione che giunge sulla base dei transistor è semplicemente limitata da una
coppia di transistor, uno dei quali usato come sonda di temperatura, per la
necessaria stabilizzazione termica, la scelta accurata di transistor con un a
opportuna Vce ha permesso di realizzare uno stadio di polarizzazione
"passivo", questa scelta in verità non la trovo completamente
positiva, perchè oltre all'innegabile pregio di non introdurre nulla di suo
nella riproduzione, costringe ad una meticolosa messa a punto nel bilanciamento
delle resistenze di degenerazione presenti sugli emittori, per eliminare la
tensione di offset in cc, altrimenti presente in uscita. Per questo
ritengo che una possibile modifica possa riguardare in futuro proprio questo
stadio, anzi, ho già sperimentato con ottimi risultati uno stadio attivo ad
operazionali che effettua dinamicamente questo bilanciamento, oltre a
stabilizzare efficacemente il punto di lavoro, usando poi una cella R-C con
costante di tempo molto molto alta, non dovrebbe farsi sentire in alcun modo.
Ultima nota costruttiva: è stata usata una quantità enorme di capacità per
eliminare la controreazione locale bypassando le resistenze sugli emittori,
per stabilizzare la tensione di polarizzazione e per riferire alla tensione di
emittore gli avvolgimenti del trasformatore di interstadio che pilota le basi
dei finali, per fortuna essendo le tensioni in gioco inferiori al volt, è stata
una operazione facile, usando elettrolitici di piccole dimensioni e basso
costo.
Spero di non essere andato troppo fuori tema, ho descritto la storia piuttosto
che la giustificazione di determinate scelte di progetto, perchè in realtà i
progetti che ho provato, non nascono per raggiungere determinate specifiche
assegnate in partenza,ma piuttosto partono da un'idea originale ed il lavoro che
segue è quello di messa a punto per vedere il massimo che può dare
quello schema.
A.C.
Roberto De Laurentiis - email: Klf20@virgilio.it