Tale curva si ha per un determinato valore di corrente presente in
Base, Ib, che abbiamo ipotizzato rimanere costante (so di ripetermi, ma
in alcuni casi è bene sottolineare) e mette in relazione la
corrente di
collettore Ic rispetto alla tensione collettore/emettitore Vce.
(Corrente perché, per i meno attenti, il transistor è un
dispositivo di
amplificazione di corrente, se avessimo preso in considerazione la
valvola termoionica avremo parlato di tensione).
La leggera pendenza della curva è dovuta al fatto che si
verifica
sempre un piccolo aumento di Ic per elevati valori della tensione di
collettore Vce. La regione di svuotamento della giunzione
collettore-base, infatti, si allarga riducendo le dimensioni della base
e lasciando transitare un maggior numero di elettroni per cui la
corrente Ic aumenterà anche se di poco…. un po' di tempo per
rimettere
tutto in ordine nella propria testa e ………….continuiamo………….. Adesso se
tracciamo su uno stesso diagramma diverse curve, fissando altrettanti
valori della corrente fornita in base, Ib, (tracciamo cioè tante
curve,
una per ogni valore di Ib) otteniamo il diagramma della "famiglia" di
curve caratteristiche di uscita, che mostra la corrente di collettore
al variare della corrente di Base:
All'aumentare della Ib
aumenterà anche la Ic, ma la tensione Vce ha una scarsa
influenza sulla
Ic. Si osservi come l'inclinazione delle curve è più
marcata per elevate
correnti di collettore in ragione del fatto che, sebbene l'aumento di
hfe, con l'aumentata tensione di collettore, sia uguale per tutte le
correnti di collettore, si verifica un aumento maggiore, in valore
assoluto, per quelle curve nelle quali il valore della corrente di
collettore risulta in partenza più elevato. E' ovvio, poi che vi
sarà
una Ic massima che non crescerà più oltre un certo
valore, quale esso
sia lo lascio indovinare a Voi….. Ora per ognuna delle curve tracciate
c'è un valore massimo di potenza dissipabile dal transistor:
W=Vce*Ic
(corrente per tensione).
Ogni Bjt ha una potenza massima dissipabile oltre la quale, come sanno
bene tutti coloro che negli ultimi mesi hanno provato ad abbassare il
valore della resistenza di emettitore su Ella, non si può andare
pena la
distruzione del dispositivo stesso. Le curve sopra tracciate sono
quindi teoriche (spero che qualcuno non decida di suicidarsi per la
delusione) non potendo il Bjt lavorare come indicato dalle curve del
grafico.
I più attenti avranno già notato come le curve nella
parte più a destra
si impennano leggermente: il valore sull'asse delle ascisse
corrispondente a tale impennata (30V) indica la tendenza del Bjt (che
si
sta considerando nel nostro esempio) al breakdown a valanga relativo
alla giunzione inversamente polarizzata, collettore/base. Tale fenomeno
determina il limite massimo consentito per il valore della tensione
collettore/emettitore.
In questo grafico abbiamo aggiunto l'iperbole della massima potenza
dissipabile dal nostro transistor che individua le zone reali di
funzionamento del Bjt (che sono le zone a sinistra della iperbole
rossa)
per i valori di Vce ed Ic.
L'amplificatore di tensione nei circuiti che a noi stanno a cuore, i
segnali significativi, sono segnali di tensione continua o alternata:
l'amatissima puntina dei vecchi giradischi (vecchi, ma che adesso
stanno
tornando fortemente di moda tra gli appassionati tanto da essere
considerati veri e propri oggetti di culto) sono semplici trasduttori
che trasformano un segnale meccanico in un segnale di tensione da
amplificare opportunamente.
Il transistor, come prima ho ricordato, nonostante sia sostanzialmente
un dispositivo amplificatore di corrente trova la sua principale
applicazione proprio nell'amplificazione di segnali di tensione.
Nella figura sottoriportata c'è un banalissimo circuito nel
quale il
segnale di uscita viene prelevato grazie ad una resistenza di carico R1
dove scorre la corrente di collettore del BJT. La tensione di ingresso,
Vin, è applicata alla giunzione base/emettitore e in
virtù della
resistenza offerta dalla giunzione da vita alla corrente di base Ib. Se
qualcuno non ha capito, un piccolo richiamo alla legge di Ohm dovrebbe
aiutare: R=V/I cioè I=V/R. Tale corrente Ib produce una maggior
corrente
Ic che determina una caduta di potenziale sulla resistenza di carico Ic
R1.
In tale schema è
presente il transistor npn in configurazione ad emettitore comune:
emettitore comune perché il circuito di ingresso
(base/emettitore) e il
circuito di uscita (collettore/emettitore), hanno entrambi in comune
l'emettitore.In tale schema sono presenti, quindi, due resistenze, R1 e
R2. La resistenza R2 rappresenta il nostro carico di uscita, mentre R1,
come già detto, la nostra resistenza di carico.
E' ovvio che al variare della tensione di ingresso Vin, alla base del
Bjt avremo una variazione di resistenza tra collettore ed emettitore:
il
nostro Bjt si comporterà come una resistenza variabile in
funzione della
Vin. Pertanto possiamo considerare il nostro Bjt la terza resistenza
dello schema R3 = f(Vin). La f sarà una funzione inversamente
proporzionale, poiché se Vin è elevata il Bjt farà
passare molta
corrente e il suo valore come resistenza sarà basso, e
viceversa. Nel
circuito ho segnalato anche la massa, che rappresenta la connessione
elettrica tra ingresso, uscita e polo negativo dell'alimentazione. La
massa costituisce il polo di riferimento per tutte le tensioni del
circuito.
Lo schema appena mostrato è troppo semplice per poter essere
impiegato
come amplificatore di tensione: esso amplifica solo tensioni positive
superiori a 0,5V. Perché? Perché 0,5V è il limite
necessario a
polarizzare direttamente la giunzione base emettitore, per tensioni
inferiori non scorrerà corrente nel Bjt. Allora se vogliamo che
il
nostro circuito amplifichi tensioni negative anche al di sotto di tale
valore è necessario polarizzare direttamente la giunzione
base/emettitore indipendentemente dalla presenza o meno del segnale.
Occorre, cioè, rendere la polarizzazione indipendente dal
segnale. La
tensione del segnale di ingresso può, infatti, essere costituita
da
semionde positive o negative e allora occorre far in modo che anche la
tensione di collettore possa assumere valori positivi e negativi, ma
positivi e negativi non in assoluto, ma in relazione alla tensione di
polarizzazione. Come prima conseguenza, allora, avremo un circuito che
anche in assenza di segnale di ingresso farà assorbire al
collettore
corrente in modo da mantenersi a metà strada tra tensione di
alimentazione e massa: se l'alimentazione è 9 V, il punto di
mezzo sarà
4,5 V. Questo per consentire al collettore di poter andare in entrambe
le direzioni in dipendenza, adesso, del segnale di ingresso. Se il
segnale di ingresso (Vin) sarà positivo, allora il collettore
andrà da
4,5 a 9V, se Vin sarà negativo, il collettore andrà da
4,5 a 0 V.
Uno sguardo allo schema successivo chiarirà ogni dubbio:
In questo schema arriva corrente direttamente alla base, mentre il
segnale di ingresso, Vin, è isolato dalla presenza del
condensatore che
impedisce alla corrente di andargli contro. Anche sull'uscita è
stato
collocato un condensatore che, come sapete, ha la proprietà di
trattenere la carica e di trasmettere soltanto segnali alternati. In
questo schema, infatti, il Bjt è sempre in conduzione, anche in
assenza
di segnale, poiché è sempre presente una corrente di base
(Ib).
La determinazione dei valori da attribuire alle resistenze viene
facilmente ricavata dalla legge di Ohm (sempre lei, banale, ma
indispensabile) e dal valore della corrente di collettore a riposo del
Bjt. Tale corrente varia da modello a modello.
Nel caso tale valore, per il nostro ipotetico Bjt, fosse = 1mA, allora
dalla formula di Ohm avremmo R = 4,5/1mA = 4.500 ohm per la R1
(resistenza di carico). Prendendo poi l'altro valore tipico dei Bjt,
ossia, l'hfe =200 (il guadagno del Bjt) sapendo che la Vcc è di
9 volt
avremmo:Vce=Vcc-IcR1 (questa formula è ovvia e non la
spiego)siccome Ic
è dato dal guadagno del Bjt, cioè, hfe moltiplicato per
la corrente che
entra in base (Ib) avremo: Vce=Vcc-hfeIbRl, niente panico… non abbiamo
fatto altro che sostituire Ic con hfe*Ib.
Avevamo detto che la corrente di collettore Ic a riposo del nostro Bjt
era 1mA, quindi vuol dire che hfeIb=1mA, ma hfe è un valore
conosciuto,
nel nostro esempio è 200 e allora Ib=1/200=5uA. Abbiamo
così determinato
il valore della corrente di base Ib necessaria per avere 1mA sul
collettore che è la corrente a riposo del Bjt, sempre dalla
legge di ohm
sappiamo che R4=Vcc/Ib quindi otteniamo il valore della resistenza R4 =
1,8M (attenzione agli zeri) facile no? Questo è un primo schema
banale di amplificazione in Classe A (normalmente mi sarei fermato qui,
ma per i motivi che esporrò alla fine di questo capitolo, vado
leggermente avanti).
Un problema legato allo schema appena illustrato è, però,
la dipendenza
della tensione a riposo del collettore, dal parametro del guadagno del
Bjt, il parametro hfe. In realtà, nell'esempio di prima abbiamo
ipotizzato che l'hfe sia = 200, ma nella realtà esso può
andare da 90 e
450, cioè l'hfe del Bjt non è, purtroppo, un valore fisso
e costante.
Leggiamo sulla scheda di un determinato Bjt l'hfe=200, ma la stessa
ditta costruttrice precisa che in realtà tale parametro
può oscillare
tra valori ben più ampi.
Questa imprecisione può sconvolgere il punto di lavoro e i
nostri
calcoli, ed indurci a calcolare dei valori che fanno lavorare il Bjt
pressochè in condizioni di saturazione. Ecco allora che si
ricorre a
schemi diversi da quello appena mostrato, nei quali si rendono
indipendenti i valori delle resistenze dal parametro hfe.
Gli accorgimenti sono quelli di dimezzare la resistenza di base
connettendola al collettore in modo che Vce = Vcc/2. In questo modo
è
ovvio che la corrente di polarizzazione della base dipende dalla
tensione a riposo del collettore, in modo da evitare che anche per
valori elevati di hfe, il Bjt entri in saturazione. Se la tensione di
collettore si abbassa, a seguito di un aumento dell'hfe, allora si
ridurrà anche la corrente di base e quindi la corrente di
collettore in
modo da allontanare il punto di saturazione. Se invece l'hfe è
basso
allora la tensione di lavoro del collettore sarà alta e con essa
anche
la corrente di base: Ib=Vce/Rb se adesso prendiamo in esame l'equazione
di prima:Vce = Vcc – hfe Ib R1 e sostituendo IB=
Vce/RbVce=Vcc/1+hfeRL/Rb dove RL=resistenza di carico e Rb = resistenza
di base.
Nell'equazione c'è, ancora, il parametro hfe, vedremo poi come
eliminarlo, ma adesso a sue forti oscillazioni non corrisponderà
più una
forte oscillazione di Vce: se Hfe=100 la Vce sarà = 6 se hfe=400
la Vce
sarà =3, quindi, l'influenza di Hfe, nello schema sotto
riportato è
notevolmente diminuita:
C'è, infine,
ancora una
possibilità per eliminare del tutto l'influenza del parametro
hfe (che
vi sarà certamente diventato odioso) ottenuta inserendo il
resistore Re
tra emettitore e potenziale di riferimento (massa). Tale resistenza fa
sì che l'emettitore non si trovi più a potenziale zero ma
ad una
determinata tensione data da Ie ed Re. Anche la base viene polarizzata
con un partitore resistivo costituito da due resistenze. Essendo la
giunzione base/emettitore polarizzata direttamente si determina una
piccola caduta di potenziale di circa 0,6 V: il potenziale di
emettitore
è quindi dato da quello di base – 0,6. In
formule:Ve=Vb-0,6inoltre
adesso sappiamo che Ve essendo dipendente dalla resistenza
opportunamente inserita e funzione di Re e Ie Ve=IeRe dunque Ie=
(Vb-0,6)/ReCosa vuol dire tale formula? Vuol dire che la corrente di
emettitore è funzione del potenziale di base Vb e dalla
resistenza Re.
Sappiamo inoltre che Ie=Ic+Ib, ma Ib è piccolissimo e
sicuramente
inferiore a Ic.
Nell'esempio di prima Ic= 1mA dunque anche Ie=1mA e non dipende
più dal
parametro hfe (evviva!), ma solo dal valore delle resistenze e dal
valore di Vcc (tensione di alimentazione). In parallelo a Re si pone di
solito un condensatore che impedisce che le cadute di tensione,
presenti
sulla resistenza, si possano sottrarre al circuito d'ingresso base
emettitore e dunque al segnale di ingresso.
I concetti fin qui esposti dovrebbero essere sufficienti per esaminare
più analiticamente lo schema di Ella e per fare le opportune
riflessioni
del perché sia stato così importante abbassare, ad
esempio, il valore
della resistenza di emettitore con tutti i problemi di dissipazione di
calore che ne sono scaturiti. Inoltre per i più volenterosi
sarà
possibile cogliere le differenze tra uno schema che utilizza una
valvola
ed un transistor (come Ella) e uno schema, come quello sopra riportato,
dove c'è soltanto un Bjt e dove il valore della tensione di
alimentazione non è così elevato (solo 9 volt).
Negli amplificatori a valvole è, infatti, necessario lavorare
con
tensioni molto elevate (abbiamo già visto perché) che
devono essere
successivamente abbassate prima che il segnale arrivi ai diffusori. A
ciò provvede il trasformatore di uscita che svolge anche la
funzione di
condensatore. In realtà questo X capitolo è stato un
capitolo denso di
elementi e concetti, volutamente così realizzato al fine di
mettere
molta "carne al fuoco" per i periodi di magra: sono, infatti e mio
malgrado, costretto a congedarmi da questo impegno, almeno
momentaneamente, per sopraggiunti "carichi" di lavoro.
Lasciando tutti alle opportune riflessioni, che spero, anche stavolta
aver suscitato, mi congedo e Vi aspetto in autunno per continuare
questa
piccola avventura….A presto
Roberto De Laurentiis - email: Klf20@virgilio.it